Dieci risposte Le risposte del movimento 5 stelle alle domande poste dal Pd sulle riforme mostrano una riflessione politica istituzionale di cui bisognerebbe tener conto. Il movimento di Grillo e Casaleggio comprende sicuramente molto meglio di altri il valore delle questioni costituzionali che solleva la riforma della legge elettorale, così come quella del bicameralismo. In particolare, i 5 stelle hanno ragione, alla luce delle conseguenze del 1996 e del 2006, quando ritengono necessario dover evitare di ricorrere ad un’ammucchiata “di tutto e il suo contrario” per vincere le elezioni. La loro proposta alternativa, prevede “un primo turno proporzionale privo di soglie di sbarramento, in modo da consentire a chiunque di correre per il Parlamento e colmare il deficit di rappresentatività che la legge comporta”. E’ una soluzione di buon senso, anche perché è l’unica preoccupata di rispettare quei criteri di rappresentanza che il sistema maggioritario ignora. Non si tratta solo di una sensibilità democratica che riconosciamo volentieri a Grillo e Casaleggio, quanto di una più che fondata preoccupazione costituzionale, per cui occorre verificare preventivamente la legge elettorale da parte della Consulta. Non si capisce, infatti, in quale modo si dovrebbe introdurre questo controllo una volta che il presidente del Consiglio abbia affermato che la legge elettorale sarà approvata e promulgata dopo la prima lettura da parte del Senato della riforma della Costituzione. Anche nel merito della riforma del Titolo V, il movimento 5 stelle ha ragione quando sottolinea che una clausola di supremazia, “su proposta del Governo” risulti meno efficace e più dubbia rispetto ad una attribuita all`organo legislativo, cioè al Parlamento. E’ il Parlamento il principale potere della nostra costituzione, non il governo. Sarebbe più che utileda parte del Pd e del Pdl aprire subito un confronto con le proposte e gli argomenti addotti dal movimento 5 stelle. Anche alla luce delle perplessità che la cosiddetta intesa del Nazareno ha suscitato all’interno degli stessi partiti che l’hanno contratta. Per quanto si possa capire l’importanza dell’urgenza di fare le riforme, delle scadenze che ci si è dati e quant’altro, si rischia di escludere la seconda forza del paese dal processo di riforma costituzionale, insieme ai tanti cittadini che con il sistema maggioritario si sono allontanati dalle urne. Un processo riformatore i cui esiti appaiono sempre più a rischio e controversi, non può permettersi di sacrificare una parte tanto consistente dell’elettorato. Roma, 9 luglio 2014 |